Neanche una settimana fa JD.com, uno dei due top player insieme ad Alibaba dell’e-commerce cinese, ha lanciato Toplife una piattaforma online dedicata al lusso che punta tutto sull’esperienza. Una ulteriore mossa nella direzione di migliorare l’esperienza del consumatore arrivando ad un customer journey evoluto che si avvicini al cammino esperienziale di alcuni store fisici e che possa soprattutto affrancare piattaforme e marketplace generalisti dalla mera funzione di motore di ricerca per prodotti, prezzi o peggio griglia di comparazione online.

Farfetch è uno dei top e-tailer mondiali della moda, soprattutto nel segmento luxury. JD.com ha investito oltre 380 milioni di dollari a giugno nell’azienda
Un investimento che segue i 397 milioni di dollari investiti a giugno nella piattaforma di e-retail Farfetch, che lavora globalmente con oltre 750 tra designer e boutique di alta moda in 40 paesi, ed ha una base di oltre un milione di utenti in tutto il mondo con un fatturato che nel 2016 ha superato quota 800 milioni di dollari. Il mercato cinese si conferma ancora una volta come l’arena principale dell’e-commerce mondiale, ed il settore della moda allargato agli accessori e alle calzature il segmento di punta su cui investire massicce risorse prima di essere tagliati fuori dalla concorrenza agguerrita. Oltre 117 miliardi di dollari la dimensione stimata del mercato fashion allargato nel solo canale e-commerce in Cina nel 2016, con un progresso decisamente sostenuto e ancora più impressionante se comparato ai dati di mercati maturi di tradizionale importanza per il settore come nel grafico sotto.

Proiezione del fatturato online del solo settore moda (con accessori e calzature). Il confronto con il mercato USA e quello europeo cumulati è impressionante…
La partita è ancora aperta ma la competizione si sta intensificando e viaggia su livelli molto alti: i giganti della moda stanno modellando il settore beneficiando di economie di scala e, nel caso dei top player tecnologici come Amazon e simili, possono mettere in campo vantaggi competitivi non indifferenti basati su catene logistiche e di fornitura inarrivabili, e sui big data che prospettano orizzonti infiniti nel marketing predittivo. Se andiamo a vedere i maggiori report del settore (Euromonitor megatrends, ma anche diversi documenti ed editoriali di settore disponibili liberamente online) troviamo delle dinamiche comuni e parallele.

Supreme New York: da negozio della sottocultura skater a brand internazionale cult. “King of cool”. Prodotti nuovi in edizione limitata senza restocking, utilizzo social network senza eguali, stile anti-major e forte identità. Un mix letale!
Se i top player grazie a vantaggi competitivi unici riusciranno a giocare la partita puntando sulla capacità di adattarsi continuamente e migliorare engagement del pubblico guidando la domanda nell’economia dell’attenzione del nuovo millennio, ci sono driver che offrono spazi importanti per imprese snelle e lean in grado di intercettare pattern al consumo vincenti. Se pensiamo a realtà come Supreme (che tra l’altro ha, in Italia, un “official fake brand” creato da lungimiranti imprenditori pugliesi) nate dalle sottoculture ma gestite come avveniristiche multinazionali del lusso centrate sulla customer experience e brand identity, ci rendiamo conto immediatamente delle enormi opportunità della digital era.
I trend che guidano il settore sono la mass customization, la premiumisation, l’attenzione all’healthy living e la onnipresenza del consumatore connesso che viene attratto da strategie omnichannel evolute e mirate. Se pensiamo a piccole e medie imprese strutturate, con una capacità interna importante di gestire processi di adattamento all’era digitale, vediamo la potenzialità nel fornire prodotti ed esperienze che siano al tempo stesso customized, premiumized, healthy (nuovi materiali e fibre organiche, vedi l’Italiana Orange Fiber) e decisamente connected.
Tutti i report in cui potete inciampare puntano in una sola direzione: cercare l’esperienza unica, personalizzata, che vada verso il perfect fit e sia una espressione dell’identità individuale. Facile? No, ma possibile. E distretti industriali come quelli della moda made in Italy hanno tutte le potenzialità per esprimere innovazione e cavalcare il cambiamento. Anche perché è un’onda senza precedenti, e la scelta è tra fare surf come uno sprezzante colonnello Kilgore oppure affogare.
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