Oltre l’80% delle persone che vivono in aree urbane dove si effettua un monitoraggio dell’inquinamento dell’aria è esposta a valori delle sostanze inquinanti superiori ai limiti imposti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Limiti che vengono superati regolarmente con livelli allarmanti soprattutto nei mercati emergenti e in contesti a basso reddito solo a titolo di esempio i dati relativi alla città di Pechino e ai valori delle polveri sottili, ottimo benchmark per le economie asiatiche rampanti e soffocate dallo smog.

Pechino: il valore medio annuo delle polveri sottili PM2.5 registrato dal 2008 all’anno in corso. Il trend è evidente…purtroppo
La disparità è elevata: secondo l’OMS il 98% delle città low and middle income di almeno centomila abitanti non è in linea con le linee guida sull’inquinamento dell’aria contro il 56% circa delle città nei paesi a reddito maggiore. Considerando che entro i prossimi trent’anni circa due terzi dell’umanità confluirà nelle aree urbane si presenta un futuro alla Philip Dick nella peggiore dimensione onirica.
Tralasciando i dettagli, uno dei sistemi migliori per contrastare la presenza di inquinanti nell’aria è piantare più alberi. Proliferano iniziative di sharing ecology che vedono l’impegno dei cittadini nella conversione in parco di infrastrutture desuete o aree abbandonate della città (pensiamo all’high line park di New York City). Ma interventi urgenti e strutturali sono sicuramente più efficaci.

High Line Park a NYC: una vecchia linea della sopraelevata trasformata in parco con orti urbani ed aree botaniche dedicate. Forte il coinvolgimento dei cittadini e delle associazioni
La tecnologia ci viene in soccorso: City Tree è un’installazione mobile già posizionata in diverse città del mondo in accordo con le amministrazioni comunali: Oslo, Parigi, Bruxelles e recentemente anche Hong Kong hanno sposato una sperimentazione del progetto realizzato dalla startup tedesca GreenCity Solutions. Si tratta di una sorta di cubo (in foto) alto quattro metri e largo circa quattro, con una profondità che non arriva ai due metri e mezzo, disponibile sia nella versione con panchina che senza, oltre ad un display che mostra informazioni tecniche e pubblicità. Di fatto è una coltura di muschi che offre una superficie utile di fogliame molto più elevata rispetto ad altre specie vegetali, di fatto in grado di assorbire inquinanti al pari di oltre 120 alberi singoli, con effettivi risparmi in termini di spazio, difficoltà di implementazione e di ordine pratico.

Una panoramica interessante di CityTree: assorbe inquinanti e polveri sottili come un piccolo bosco urbano di oltre 120 alberi.
Ogni installazione rimuove varie tipologie di polveri nell’aria, oltre al diossido di nitrogeno e gas all’ozono presenti nell’aria cittadina, richiedendo in cambio una manutenzione estremamente basilare: si alimenta autonomamente attraverso pannelli solari, gestisce la propria riserva idrica conservando in un serbatoio l’acqua piovana e gestendo con una centralina software l’innaffiamento dei muschi, e si integra con una centrale di comando che acquisisce continuamente dati relativi all’atmosfera e al comportamento dell’apparecchio (umidità, temperatura, qualità dell’acqua, inquinamento e presenza di sostanze nocive nell’aria). Una stima della startup prevede che un dispositivo a regime possa catturare oltre 250 grammi di particolato al giorno e gas serra per oltre 240 mt tons di CO2 l’anno che, per intenderci, è una performance assimilabile al piccolo bosco urbano citato prima.
L’investimento non è trascurabile, dato che un CityTree costa circa 25.000 dollari secondo CNN, ma il beneficio è importante. Anche se i dubbi non mancano: sempre CNN evidenzia come alcuni gas cittadini si disperdano in verticale (ad esempio i gas di scarico delle automobili) e che anche il dispositivo purificatore ideale potrebbe di fatto mancare il bersaglio. Alcuni osservatori non mancano di ricordare che conviene impedire ai gas di formarsi in prima battuta ma magari, rispondono da CityTree, si possono integrare interventi anti-inquinamento con il posizionamento del purificatore in aree selezionate attentamente.
L’integrazione può essere la soluzione e, se non è troppo tardi, la tecnologia ci salverà da noi stessi.
[header pic by Jindong H via Unsplash.org]
Articolo molto interessante…certo, romanticamente preferisco iniziative di parchi urbani e sharing ecology, ma dispositivi come questi, connessi e flessibili, sono di sicuro un valido coadiuvante!
Grazie Paolo del contributo! Sono d’accordo con te, oltre al valore sociale (e romantico) degli spazi verdi, sono gli interventi strutturali a fare la differenza. Sono convinto tuttavia che un approccio integrato, che comprenda anche soluzioni tecnologiche di supporto come questa, possa rappresentare un passo avanti efficace nell’affrontare in fretta il problema.