
Elon Musk (a destra) e suo cugino Lyndon Rive CEO di Solar City
Elon Musk, fondatore di Tesla, Solar City e SpaceX, ha appena scosso i mercati finanziari all’inizio della scorsa settimana con un’offerta di acquisizione da 2,8 miliardi di dollari. L’operazione coinvolge i due gioielli di famiglia Tesla e Solar City, e vede l’acquisizione dell’azienda produttrice di pannelli solari da parte di Tesla, proprio nel momento cruciale in di approdo al mercato mass automarket con Tesla Model 3 Sedan.
Le critiche a Musk non si sono fatte attendere: il Wall Street Journal ha definito “illogico e assurdo” il progetto di fusione tra le due aziende, puntando il dito contro la sopravvalutazione delle azioni di Solar City pari al 20-30% rispetto al valore reale di mercato. Secondo il WSJ l’operazione è un azzardo che va a complicare gli equilibri gerarchici e produttivi delle aziende, considerando che si tratta di aziende fortemente indebitate che registrato perdite importanti e che fanno vacillare la fiducia di investitori ed azionisti.
In realtà il margine è stato eroso quasi immediatamente sui mercati finanziari, dato che ad un incremento di circa il 15% nelle azioni di Solar City è corrisposto un crollo speculare del valore delle azioni di Tesla, che di fatto può essere archiviato come ordinaria amministrazione: una dinamica comune in operazioni di acquisizione del genere che vanno ad avere impatto positivo sul valore azionario della target company.
Di fatto si tratta di una ulteriore evoluzione della strategia Muskonomics che abbiamo già analizzato in dettaglio. Un assetto finanziario che si basa su collegamenti vitali tra le tre aziende. Tesla e SolarCity sono aziende manifatturiere per cui il raggiungimento delle economie di scala è un obiettivo vitale. All’incremento dei volumi di produzione e di vendita, si assiste ad un aumento del potere contrattuale sui fornitori di materie prime, capitale e risorse umane, che permette di ridurre il costo unitario di produzione, e realizzare le risorse necessarie a coprire investimenti importanti sulla tecnologia e l’innovazione. Negli anni SolarCity ha quindi utilizzato risorse finanziarie di soggetti che tradizionalmente possono permettersi di immobilizzare forti capitali nel medio-lungo periodo come banche, investitori istituzionali, ma anche e soprattutto SpaceX che, per sua natura, è in grado di fare cassa immediatamente vendendo a clienti governativi e di alto profilo contratti plurimilionari. Dall’altro lato, abbiamo visto come Tesla sia il fornitore preferenziale per gli impianti di Solar City che hanno bisogno crescente di gruppi di batterie al litio, e rappresentano una forte fonte di domanda per l’enorme Gigafactory di Tesla che ancora fatica a raggiungere il pieno volume produttivo cui aspira.

Tesla Model 3 – le prime consegne saranno effettuate dal 2017, ora Tesla fa sul serio
Eppure non tutti gli osservatori hanno lanciato strali d’indignazione contro Elon Musk: Techcrunch ha intervistato diversi autorevoli player del mercato hi tech raccogliendo opinioni attendiste o positive. Molti hanno confermato che si attendono irrisori cambiamenti anche dopo la transazione, sia per preservare alcuni livelli cruciali di indipendenza delle due aziende, sia perché Tesla Model 3 impegna moltissimo l’azienda ed è un passo strategico cruciale. Forse si tratta solo di una scommessa vincente, magari con un tempismo discutibile, per puntare sullo sviluppo delle tecnologie di innovazione negli accumulatori e nell’integrazione crescente con i veicoli Tesla.
Il tempo darà torto o ragione a Musk, nel frattempo crescono le perplessità degli investitori sia sulla decisione che sui possibili conflitti d’interesse che comporta l’operazione.

I pannelli di Solar City